FOTOGRAFIA/Rovine “moderne” a Roma

I vicoli di Trastevere sono una delle attrattive più care ai turisti americani in visita nella Capitale. Con le loro stradine tortuose, le trattorie con le sedie di paglia e i rampicanti che coprono intere facciate delle case, rispondono a quel gusto pittoresco che piace tanto agli stranieri. Però proprio in questo quartiere è possibile conoscere un’altra Roma, completamente ignorata anche dalle guide “alternative”. Per farlo occorre affacciarsi al Museo di Roma in Trastevere, che in queste settimane ospita la mostra Il mondo che non vedo del fotografo Fabiano Parisi. Una visita per immagini in una città nascosta e desolata, attraverso una raccolta di immagini che immortalano fabbriche, case aristocratiche, sale da ballo, chiese, cripte di musei, cinema di quartiere. Tutti gli edifici ritratti condividono una inquietante caratteristica: sono del tutto abbandonati.

L’inaugurazione, tenutasi in un pomeriggio di settembre già autunnale, ha raccolto più che altro appassionati e trasteverini, sinceramente sorpresi nello scoprire un volto così ambiguo della loro città. Mischiato ai visitatori e ben contento di fare due chiacchiere, c’era anche Parisi. “Tutto è cominciato per caso, visitando una fabbrica dismessa – racconta -. Inizialmente ero interessato a fare delle foto solo per documentare”. Poi il progetto si è ingrandito sia nella scelta dei soggetti che nel senso del lavoro: “Alla fine la mia ricerca è diventata puramente estetica”.

Ne è venuta fuori una raccolta di immagini che rivela una Roma invisibile non solo ai turisti, ma anche alla maggior parte dei romani. Per fotografare certi luoghi Parisi vi si è dovuto introdurre quasi di nascosto, senza chiedere autorizzazioni. Ha scoperto edifici con i tetti crollati, i pavimenti pieni di calcinacci ed erbacce che crescono tra una mattonella e l’altra. Certi spazi ricordano edifici bombardati in zone di guerra familiari come Iraq e Afghanistan. Se ci dicessero che alcuni degli interni immortalati si trovano a Baghdad ci cascheremmo tutti, eppure siamo nel mezzo di una capitale europea.

Lo scatto più impressionante riprende un piccolo teatro di periferia, con la galleria quasi sprofondata e la metà delle poltroncine annerite, come se fossero state mangiate da un incendio. Neanche una figura umana resta a contemplare questa desolazione: Parisi ha deciso di farne a meno, lasciando che siano gli ambienti a parlare. Così sembra di avere di fronte le rovine di una Roma moderna, devastata un’altra volta dai barbari e definitivamente abbandonata.

In altri casi invece gli edifici deserti non sembrano affatto in cattive condizioni, richiederebbero semmai una spazzata al pavimento. Si intravedono corridoi con pesanti lampadari di cristallo, salotti completi di poltrone di pelle e caminetti in marmo, persino degli affreschi che ancora decorano le pareti. Ci si domanda come certe bellezze possano restare abbandonate, senza nessuno che le abiti o almeno che se ne curi. “In effetti molte delle ville che ho visitato risultano praticamente intatte, è incredibile che vengano lasciate così”, concorda Parisi. In altri Paesi questi edifici sarebbero stati ristrutturati o reinventati per nuovi usi, in Italia si preferisce abbandonare tutto e semmai costruire in nuove zone mangiando spazi verdi e campagna. Torna alla mente il romanzo di Cormac McCharty The Road, nel quale un padre e il figlio vagano per un mondo quasi completamente privo di vita e cercano riparo in case rimaste deserte. Non si può fare a meno di immaginare come questi luoghi dovevano apparire quando erano popolati di persone, quando i camini erano accesi e le poltrone ospitavano conversazioni e confidenze.

Non è purtroppo possibile capire in quale zona della città ci si trovi esattamente; Parisi ha deciso di non dare un titolo alle sue foto e di non specificare dove sono state scattate. “Semplicemente non lo ritenevo necessario – chiarisce lui -. Non volevo tenere segreti questi luoghi, semplicemente non mi sembrava importante rivelarne la posizione”. Del resto, trovare ambienti abbandonati nel mezzo della città è stato meno difficile del previsto: “Mi sono affidato a segnalazioni di amici e conoscenti, e poi ho fatto delle ricerche su internet, basandomi anche sulle mappe satellitari”.

Le uniche zone della città chiaramente riconoscibili sono rivelate nei ritratti dedicati alle fabbriche in disuso. All’inizio del Novecento infatti Roma aveva una sua zona industriale, gradualmente abbandonata a partire dal Secondo Dopoguerra. Alcune strutture sono state per fortuna ristrutturate e riconvertite, altre sono ancora in attesa di un recupero. La sequenza di capannoni, catene di montaggio e tralicci di metallo corrosi dalla ruggine ha un suo fascino, ricorda certi scatti di Soho prima che diventasse un quartiere di artisti e poi una zona residenziale. Parisi è riuscito a sfruttare al massimo la luce solare, che calando verso il tramonto riempie questi enormi spazi artificiali di una luce quasi piacevole.

Ovviamente, trovandoci a Roma, non potevano mancare delle chiese abbandonate. Si tratta di costruzioni di modeste dimensioni, eppure gli arredi rimasti e la pianta architettonica rivelano una grande ricercatezza. Si dovesse fare l’ennesima inchiesta sui tempi difficili vissuti dal Vaticano e sulla perdita di fedeli degli ultimi anni questi scatti sarebbero una perfetta immagine di copertina.

Ci si potrebbe fermare qui, ma c’erano ancora un paio di scene da catturare con l’obiettivo. La più bella ritrae un calcio balilla al centro di un ambiente che potrebbe essere la stanza per la ricreazione in una scuola. Ci vuole un attimo perché vengano in mente i ragazzi di Pasolini e le vecchie adolescenze di periferia. È in scatti come questo che Parisi dimostra una capacità di fare arte senza usare alcun effetto speciale, riproponendo quel “continuo senso di sorpresa” che lui aveva sperimentato mentre si aggirava per questa Roma misteriosa con la sua macchina fotografica.