I marziani di Daniele Galliano

Intitolata “Marziani”, alla Esso Gallery in Chelsea, rimarrà aperta al pubblico fino al 3 maggio la personale dell’artista piemontese Daniele Galliano.

Il titolo stesso della mostra induce da subito una curiosità che pretende una spiegazione, immediatamente intuita al livello emotivo dai visitatori davanti alle opere esposte. Il termine “marziano” non ha in questo caso solo il banale significato di “abitante di Marte”, ma quello più articolato di “alieno”, di “essere” i cui comportamenti risultano incomprensibili perché provenienti da un mondo lontano, seppure non lontanissimo e tale da non poterne riconoscere i tratti umani.

Le 8 grandi tele della mostra e le altre di dimensioni minori realizzate dall’artista negli ultimi 6 mesi fanno tutte riferimento a diverse sfaccettature di questi comportamenti opachi ed inspiegabili, ed hanno un enorme impatto emotivo sullo spettatore, lasciandolo spesso spaesato come se fosse realmente di fronte a veri “esseri incomprensibili”, … a veri “marziani”appunto.

Le pitture ritraggono scene di varia natura: la dimostrazione di 1000 monaci buddisti che protestano in strada contro il governo della Birmania nella tela intitolata “Strange days”, un incontro del parlamento europeo, scene di vita di immigranti africani in Italia. Le opere traducono fedelmente le intenzioni dell’autore che le dichiara nate “dall’osservazione di manie, nevrosi e abitudini di un’umanità ormai disumanizzata, sospesa nel nulla… manipolata”. Appartengono in tal modo alle tematiche più care a Galliano, ovvero i luoghi di emarginazione, le periferie, le zone di confine dove si sperimentano le trasformazioni della identità sociale e culturale della nostra società occidentale in rapido cambiamento.

La forza di queste che sono state definite “pitture istantanee” risiede nel linguaggio espressivo utilizzato dall’artista, che lascia volutamente in evidenza la derivazione diretta delle sue tele dalla loro matrice fotografica. Le immagini infatti si presentano con una prospettiva priva di profondità che le assolutizza nella dimensione temporale del presente, come uno scatto istantaneo appunto.

Durante la nostra intervista è stato piuttosto soprendente apprendere che Galliano non ha mai avuto una vera formazione artistica tradizionale o accademica, nonostante la raffinata perizia tecnica da lui dimostrata nell’esplorazione del medium pittorico.

Commovente poi scoprire l’amore paterno che lo lega alle sue due bambine, dalle quali si sente “scelto come arco per essere lanciate nella vita”, amore testimone di una sensibilità e di un senso di responsabilità che si percepiscono evidenti nei soggetti delle sue opere nei confronti dell’umanità intera.

Nato nel ‘61 a Pinerolo, ci racconta di aver lavorato da ragazzo come operaio in fabbrica e di essersi artisticamente formato in strada, dipingendo dapprima ritratti di turisti in Liguria.

Da allora ha fatto una lunga strada che lo ha portato per la seconda volta ad avere una personale qui nella Grande Mela (aveva già esposto da Annina Nosei nel ‘97) e ad essere considerato come uno dei più interessanti pittori italiani della sua generazione, molto imitato come modello dai giovanissimi.

Come hai iniziato la tua carriera artistica?

“Un’adolescenza vissuta con il vento contro mi ha allontanato da quello che sarebbe dovuto essere il normale iter scolastico di uno come me portato per natura alla contemplazione, all’amore per la bellezza e per la verità, che si manifestava con il desiderio di raccontare attraverso il disegno il proprio rapporto con la ‘realtà’.

Dopo aver fatto praticamente di tutto, dall’operaio all’artista di strada, non smettendo mai di disegnare e di dipingere studiando i grandi maestri e la storia della pittura, mi sono trovato intorno ai trent’anni con una serie di dipinti che raccontavano storie di vita quotidiana con una pittura fresca e spontanea che aveva fatto tesoro di varie pratiche artistiche come il cinema, la fotografia, il fumetto, la letteratura, la musica, e, incoraggiato da alcuni giovani colleghi, mi decisi a mostrare i miei lavori all’Unione Culturale di Torino, luogo deputato in quegli anni alla presentazione di giovani artisti.

Il successo fu immediato e iniziai a collaborare con alcune prestigiose gallerie italiane. Di li a pochi anni facevo la prima personale a New York da Annina Nosei e alla Gnam di Roma.”

Che significa per te essere oggi un artista e che ruolo dovrebbe avere secondo te l’artista nella nostra società?

“Adorare la bellezza.

Oggi è sempre più difficile indotti come siamo a vivere proiettati in una dimensione di paura e di terrore che ha prodotto un linguaggio artistico sterile e autoreferenziale.”

Qual è il tuo rapporto con la città di Torino? La scena artistica torinese ha visto un fiorire di spazi dedicati all’arte contemporanea negli ultimi anni …una tua opinione?

“Torino è la città che mi ha permesso di vivere il mio sogno di fare l’artista.

Mi sono trovato a viverci nei primi anni ‘90 e cioè negli anni in cui si rivelò essere un’immensa fucina artistica, dove una serie di artisti, musicisti, scrittori e registi hanno dato vita al rinascimento culturale della città. Le grandi e prestigiose istituzioni culturali nate e rafforzatesi in questi anni sono solo l’inizio di un possibile nuovo ruolo della città.”

Dopo dieci anni, sei di nuovo tornato a New York con una tua personale alla ESSO Gallery… ti è mai venuto in mente di trasferirti qui come hanno già fatto molti altri giovani italiani?

“Mi è venuto in mente fin dall’inizio, così come mi viene in mente proprio di tutto.

L’esercizio a cui mi sono sottoposto e a cui continuo pur con qualche difficoltà, a sottopormi, è di restare calmo e di farmi attraversare dai pensieri senza farmi coinvolgere più di tanto.

La pittura come forma di meditazione e di catarsi, è una delle più efficaci e penso faccia bene alla salute, e porta inevitabilmente ad un distacco dalla mondanità.”

Cosa vuoi che si dicesse dei tuoi lavori? In particolare di quelli esposti in mostra alla ESSO Gallery?

“Che belli!”

Il tuo medium privilegiato è la pittura, con molti riferimenti alla fotografia. Ti senti controcorrente rispetto ai tuoi coetanei che utilizzano media differenti considerati più ‘sperimentali’?

“La ricchezza espressiva della pittura e le potenzialità che emergono dalla sua pratica mi rendono servo di questo mezzo. Pur guardando con attenzione ai nuovi media, collaborando e confrontandomi con artisti che si esprimono con altri linguaggi, ritengo che la pittura continui ad avere un ruolo centrale e insostituibile nella storia dell’arte contemporanea.”

Cosa ti emoziona e cosa ti spaventa nella vita?

“Le donne.”

Cosa consiglieresti ad un giovane artista italiano emergente?

“Credo di essere stato uno degli artisti più imitati della mia generazione, ma i buoni consigli si danno quando non si può più dare cattivo esempio ed io non vorrei dovermi rivoltare nella tomba come Duchamp.”

Raccontaci la tua giornata tipo?

“In questi anni passati cercando di ‘centrarmi’, creando le condizioni per una vita serena mi sono sposato e due bambine mi hanno scelto come arco per essere lanciate nella vita…. La mia giornata tipo si manifesta quotidianamente, potendo decidere autonomamente spazi e tempi per la mia attività artistica e per la vita privata.”

Aspetti che ami del tuo lavoro e quelli che sono meno in sintonia con il tuo carattere? Cosa fai nel tuo tempo libero?

“Sono portato all’astrazione e mi trovo perfettamente a mio agio con la pittura figurativa, adoro le persone e a volte faccio fatica ad incontrarle. E’ dura dividere il tempo a disposizione per produrre un’opera con le pubbliche relazioni, che al giorno d’oggi sembrano essere diventate più importanti per la carriera artistica dell’opera stessa.”

Come vedi il tuo futuro? Sogni, progetti?

“Come l’ho sempre sognato…sogni e progetti e tanta calma”.

L’arte contemporanea sembra essere diventata di difficile lettura per i non addetti ai lavori… quali sono secondo te le motivazioni di questo allontanamento tra la gente comune e le tendenze artistiche contemporanee?

“Se tutti impazzissero insieme nessuno se ne accorgerebbe… E’ successo quando l’uomo ha abbandonato la poesia a favore del progresso. “